WORKSHOP 2012, testi di riferimento


Dal libro di Giobbe:

Hai tu sentito mai l'onagro del deserto
Ragliare con davanti l'erba fresca
O il bue muggire davanti alla pastura?
O ancora dimmi come si fa a mangiare senza sale?
Che sapore c'è dentro il chiaro dell'uovo?
E a me tocca mangiare cibo nauseante
che una volta mi avrebbe ripugnato di guardare.
Chi, chi mi dà quello che voglio io?
Può Dio darmi quello che aspetto io?
Dio, finiscimi, Dio
stendi la mano, a forbice, e taglia.
Io non sono forte come il sasso,
la mia carne non è dura come il bronzo!
E non c'è un cane che mi aiuta, più nessuno
che mi dà conforto!
Almeno l'amico dovrebbe pietà all'amico
sfinito, anche senza il timore di Dio.
I miei parenti mi hanno deluso, abbandonato
scivolati via come l'acqua,
tutti spariti come l'acqua di un fiume
che s'intorbidisce quando si sciolgono i ghiacci,
quando si sfanno le nevi dentro,
ma poi resta asciutto, dilegua,
si fa arido e scompare sull'alveo
e i suoi ultimi sgocciolii piegano via dal retto corso,
finiscono in nulla, non si trovano più.

Mi consumo, la vita sta scomparendo a poco a poco
e tu lasciami stare, il tempo è nulla.
Cos'è l'uomo perché tu ne tenga conto,
perché lo pensi e lo scruti con la tua mente?
Perché lo segni dalla mattina,
perché lo metti in tentazione ogni momento?

Fino a quando mi guarderai così fisso
e non mi lascerai mandare giù la mia saliva?
Forse ho peccato, peccato
ma cosa devo fare, secondino dell'uomo?
Perché mi hai preso a bersaglio?
Perché non perdoni il mio peccato,
perché non scordi la mia colpa?
Finirò nella polvere,
mi cercherai, non mi troverai più.

Com'è ripugnante la mia vita:
lasciatemi piangere, sfogare,
parlare con quest'anima amara.
Dico a Dio: Non condannarmi,
dimmi perché vuoi litigare con me?
E' giusto rovinare,
rovinare l'opera delle tue mani?
I tuoi occhi non hanno carne,
tu non vedi come vede l'uomo:
la tua giornata non è come quella dell'uomo,
i tuoi anni non sono come i giorni umani.
Allora perchè scruti le mie colpe,
indaghi i miei peccati,
mentre sai ch'io non ho colpe,
mentre sai che nessuno può sfuggire alle tue mani?
Sono le tue mani che mi hanno plasmato: vuoi distruggermi?
Ricordati come mi hai messo insieme: con la creta:
vuoi che torni polvere?
Mi hai fatto colare come latte,
cagliato come il formaggio,
mi hai fatto un vestito di pelle e di ossa,
un ordito di muscoli e nervi:
vita e pietà mi hai regalato,
la tua presenza ha salvato l'anima mia.
Tu però tramavi anche questo, io so che tu ci pensavi fino da allora.
Se tiro su la testa tu mi salti addosso
come fa un leone
e di nuovo Tu fai strage dentro me.

Sono una fragile foglia secca mulinante in aria!
Perché le ti accanisci contro
e insegui un filo di paglia inaridita?
Hai vergato contro di me una sentenza amara,
mi rinfacci gli errori della mia adolescenza.
Tu metti tagliole sotto i miei piedi,
vai spiando ogni mio gesto,
tracci le orme dei miei passi.
E questo povero uomo si sfalda come un legno marcio,
come un vestito mangiato dalle tarme...

Dal Diario di Etty Hillesum:

Con solo una camicia nello zaino
Vado incontro a un avvenire sconosciuto
Lo chiamano così
Ma sotto questi piedi girovaghi
Non c'è forse dappertutto la stessa terra?
E lo stesso cielo
Non si stende dappertutto sopra i miei occhi rapiti?
Ora con la luna, ora col sole, per non parlare di tutte le stelle...
Perché allora si dovrebbe parlare
di un avvenire sconosciuto?

Mio Dio devo lasciarti fare, di più
Non devo metterti condizioni: purché io stia bene...
Anche se non sto bene
La vita non continua forse a andare avanti, e nel modo migliore?

Che si possa essere un fuoco così luminoso!
Tutte le parole che ho usato fino ad ora mi sembrano grigie, pallide, sbiadite
Se le paragono alla gioia di vivere, all'amore
Alla forza che si sprigionano da me adesso.

Da qualche parte dentro di me
C'è un officina in cui dei giganti riforgiano il mondo.

Ti prometto di vivere pienamente
Dovunque Tu decida di farmi fermare

Fiorire e dar frutti
In qualunque terreno si sia piantati
E' questo
E dobbiamo collaborare alla sua realizzazione

In me scorrono i grandi fiumi
E si innalzano le grandi montagne
Dietro gli arbusti della mia irrequietezza, dei miei smarrimenti
Si stendono le grandi pianure della mia calma, del mio abbandono.
Tutti i paesaggi sono in me
Ho tanto posto adesso
In me c'è la terra
E c'è anche il cielo

Stamattina all'alba sono saltata giù dal letto
E mi sono inginocchiata alla finestra
L'albero era immobile nell'aria grigia, silenziosa
Mio Dio
Concedimi la pace grande, potente della tua natura
Se vuoi farmi soffrire
Dammi il dolore grande, pieno
Non le mille piccole preoccupazioni che consumano
Dammi pace, fiducia
Tutte le nostre preoccupazioni
Per il cibo, il freddo, la salute
Non sono forse mozioni di sfiducia nei tuoi confronti, mio Dio?
E non ci castighi forse prontamente
Con l'insonnia
E con una vita che non è più una vita?
Sono disposta a rimanere tranquillamente coricata per qualche giorno
Ma allora voglio essere
Un'unica grande preghiera
Un'unica grande pace
Devo portare di nuovo la mia pace con me
Pensa tu alla mia pace mio Dio
Dovunque mi troverò.
In questi giorni mi preoccupo troppo per la mia salute, è sbagliato
Fa che in me ci sia la stessa immobilità che c'era nella tua alba grigia
Fa che la mia giornata sia qualcosa di più che le preoccupazioni per il corpo
Alla fine ricorro sempre allo stesso rimedio
Salto giù dal letto e mi inginocchio in un angolo della mia camera
So che tutto deve crescere
Che è un processo lento
Adesso mi laverò dalla testa ai piedi con l'acqua fredda
E poi starò sdraiata nel mio letto, immobile
Cercherò di stare distesa, semplicemente
E di essere tutta una preghiera:
Che sia fatta non la mia ma la Tua volontà

Da Jean Pierre de Caussade:

Divino amore nasconditi, corri, salta tra le sofferenze, costringi con l'attrattiva del dovere, componi, mescola, confondi, rompi come fili tutte le idee e tutti i progetti dell'anima: che essa perda l'orientamento, che non conosca e non veda più né strade, né vie, né luci; che dopo averti trovato nelle tue dimore e nelle tue vesti abituali, nel riposo della solitudine, nella preghiera, nell'assoggettarsi a una pratica, nelle sofferenze, nel conforto dato al prossimo, nella fuga dalle conversazioni, dagli affari, che dopo aver tentato tutti i modi e tutti i mezzi conosciuti per piacerti, essa finalmente si areni, non vedendoti più in nessuna di queste cose, come ti vedeva un tempo! Che l'inutilità di questi sforzi conduca infine l'anima a lasciare tutto, per trovarti in te stesso, e dovunque, in tutto senza distinzione né riflessione. Perché, divino amore, che inganno non vederti in tutto quello che c'è di buono e in tutte le creature!